Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2017.


Perché pensare a una letteratura solo per i più giovani è una trappola per l’intelligenza (e per il mercato) di Erika Marconato

I libri per ragazzi non esistono. Esistono volumi che si trovano sugli scaffali dedicati ai lettori più giovani. Esistono storie che parlano di ragazzi. Esistono narrazioni edificanti, educative e edeniche. I volumi, però, sono infidi e si spostano, finendo chissà come negli scaffali degli adulti; le storie di ragazzi piacciono molto anche a chi è uscito dall’adolescenza da un po’; le narrazioni edificanti raramente sono per ragazzi (basti pensare alle terrificanti storie di Dahl o al ribelle conte Cosimo Piovasco di Rondò).
Esiste un mercato editoriale per l’infanzia, in cui i giovani lettori vengono incasellati come delle anonime marketing personae: se hai tra i 4 e i 10 anni e vuoi fare il calciatore, questo prodotto è per te. Sebbene questo sia un buon modo per vendere gli oggetti libri, sia i ragazzi che le storie mal si adattano a queste scatole fittizie. Le storie finiscono in mano agli adulti, i ragazzi scelgono in base a misteriosi criteri (spesso legati alla domanda “quanto si arrabbierà la mia maestra se mi troverà con un libro che parla di cacca?”).
I libri per ragazzi non esistono perché sono duttili, si trasformano volentieri. Si trasformano in brani da antologia (che privano per sempre il giovane lettore della gioia del finale), si trasformano in favole della buona notte (attraverso la magia della lettura ad alta voce), si trasformano in aneliti adulti (per cui, Calvino è un grande autore quindi va proposto per i gruppi di lettura frequentati da ultra cinquantenni).
Le storie pensate per i ragazzi formano il loro immaginario adulto. Per anni ho cercato di ritrovare la descrizione di una cena a base di insetti perfettamente impiattati contenuta in una delle mie antologie di bambina — perduta o dimenticata chissà dove. Quella breve descrizione fu il mio primo incontro con Il barone rampante, ma ancora non lo sapevo. Lo scoprii lo scorso anno quando il volume — nella sua versione integrale — fu proposto nel gruppo di lettura che frequento. Per decenni quella cena ha covato dentro di me, facendomi sviluppare un certo gusto letterario: l’immagine della famiglia intorno al tavolo era così vivida, e gli insetti così inaspettati, da aver piantato per sempre il gusto per la (apparente) contraddizione letteraria. Ritrovare Battista e la sua cena è stato come innamorarsi: l’adulta in me ha rivisto la bambina con in grembo l’antologia e le ha sorriso. E il sorriso è stato ricambiato. Calvino aveva fatto risuonare le corde dell’adulta, quanto quelle della bambina.
Analizzando i libri rivolti ai ragazzi si capisce facilmente il perché: questi libri sono scritti da autori adulti che conservano una scintilla d’infanzia. Non nello stereotipo buonista della gioventù (per cui i bambini sono tutti felici e spensierati), ma nella complessa realtà in cui i ragazzi fuggono dalle proprie difficoltà grazie all’immaginazione, raccontandosi storie, inventando situazioni o semplicemente sfruttando le narrazioni fatte da altri (attraverso libri, videogiochi o film). Molti scrittori per ragazzi si trovano nella paradossale situazione di essere idolatrati da orde di adulti (basti pensare ai moltissimi Potteriani — fan di Harry Potter — ben sopra i trenta o la marea di registi affascinati da Verne). Il potenziale creativo viene liberato non solo dalle forme classiche di fruizione delle storie (lettura ad alta voce, lettura solitaria, discussione in gruppo), ma continua a perpetuarsi in varie forme: film, canzoni, parchi a tema ne sono solo alcuni esempi. La scrittura per ragazzi si rivela decisiva anche per gli adulti (perché sono degli adulti che si occupano di creare nuove narrazioni e delle nuove forme di fruizioni), non solo per i bambini che sono stati. Penso ad esempio agli scritti di Salgari, reinterpretati musicalmente da Ludovico Einaudi nell’album Salgari: composizioni di musica classica lontanissime dalle proposte dello Zecchino d’oro, musica per adulti, opera prima, ma derivata. Un perpetuarsi di creatività, sicuramente non anticipato dallo scrittore “per ragazzi”.
Come può un autore per ragazzi essere rilevante per generazioni diverse?
Come è possibile che il potenziale creativo di una storia perduri nel tempo?
Come mai alcuni scrittori finiscono per influenzare altre arti, altri campi?
La risposta è da ricercare nella natura stessa della letteratura per ragazzi. Finora ci siamo concentrati sulla potenza espressiva, sulla capacità di formare gli immaginari futuri dei lettori. Ma i libri per ragazzi non sono solo questo.
I libri per ragazzi sono intrinsecamente rivolti anche agli adulti. Non agli adulti del futuro, proprio alle persone che sono adulte quando si trovano il libro tra le mani. Lo scrittore per ragazzi deve continuamente confrontarsi con la proiezione di sé che si realizza nei lettori adulti: non può dimenticare che le sue parole saranno oggetto di attenzione anche di altri adulti come lui (i genitori leggeranno il libro ad alta voce ai figli; insegnanti lo analizzeranno per valutarne l’adeguatezza; librai e libraie decideranno se metterlo in vetrina; bibliotecari/e ne faranno conoscenza ben prima dei giovani lettori a cui sono rivolti. Senza contare i vari editori che decideranno di promuoverlo. Continuando con le giurie di premi letterari che lo scrittore aspira a vincere, per finire agli adulti che consapevolmente sceglieranno di leggere libri per ragazzi).
Lo scrittore che si confronta con questa schiera di potenziali lettori “secondari” non potrà dimenticarsi di inserire qualcosa di rilevante anche per loro. Roald Dahl, ad esempio, cattura i bambini con il realismo magico, ma intrattiene gli adulti con vari escamotage: dalle accuse più o meno velate ad alcuni modi di essere adulti (gli antagonisti nei romanzi di Dahl sono spesso figure in cui l’essere adulti coincide con la frustrazione o con l’essere bulli in quanto più potenti) alle strizzate d’occhio comprensibili solo se adulti (la dualità delle brave persone di Danny il campione del mondo ne è un esempio lampante). Tenendo la conversazione tra questi due binari — fanciullezza ed età adulta — Dahl e molti altri autori categorizzati per ragazzi riescono nella difficile impresa di restare rilevanti nel tempo.
Diffidare delle soluzioni di comodo è un’altra di quelle imprese che permettono ad una storia di essere rilevante per il lettore bambino/adulto. Ne è un esempio Rodari. Da piccola una delle mie storie preferite era La freccia azzurra: ho sempre trovato geniale come i giochi trovassero una propria volontà per ricompensare i bambini meritevoli, ma poveri. Da adulta, non posso esimermi dal trovare geniale la figura della Befana: “La Befana era una vecchia signora molto distinta e nobile: era quasi baronessa.
– La gente — borbotta qualche volta fra sé — mi chiama semplicemente «la Befana», e io non protesto, perché bisogna pure compatire gli ignoranti. Ma sono quasi baronessa: le persone per bene lo sanno”. In quanto adulta trovo l’idea fresca e contemporanea, da bambina era solo un dato di fatto — in questo universo le regole erano un po’ diverse, la Befana non aveva le scarpe rotte, ma un pessimo carattere. Continuando con Rodari è celeberrima la sua posizione sul “l’ago di Garda”: “Se un bambino scrive nel suo quaderno «l’ago di Garda», ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d’Italia. La Luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso?”. La grammatica della fantasia diventa un importante manuale di scrittura: l’adulto non può non confrontarsi con questa bizzarra grammatica e uscirne indenne. L’autore che adotta soluzioni facili e immediate si sentirà messo alla gogna, quasi fosse l’assassino della creatività. Lo scrittore o la scrittrice fantasiosi si sentiranno comunque messi in discussione (già li immagino “Starò facendo abbastanza? Le regole che infrango saranno quelle giuste?” e mille altre domande suscitate dalla scrittura di Rodari).
I vari piani narrativi sono un altro degli strumenti a disposizione dello scrittore per ragazzi, che voglia relazionarsi anche con il suo pubblico adulto. Penso, solo a titolo di esempio, a Il mondo di Sofia di Jostein Gaarder. Se da una parte la protagonista è una quattordicenne e la storia è collocabile nella categoria avventura — che spesso viene riservata a lettori più giovani; da un altro punto di vista, il romanzo è una breve introduzione alla materia filosofica — spesso riservata agli adulti o agli adolescenti, sicuramente non ai ragazzi. Sfruttare entrambi gli aspetti permette a Gaarder di ampliare il suo pubblico: gli adulti apprezzeranno l’originalità dell’esposizione, i lettori più giovani l’aspetto fantastico e di formazione.
Tornando al libro come oggetto per il mercato, individuare un pubblico di riferimento è fondamentale per le vendite, ma non basta. Così come non bastano le antologie. Così come non bastano le versioni semplificate per ragazzi. L’oggetto libro, per resistere alla prova del tempo, deve tenere conto anche dei “lettori secondari”: gli adulti. Sia i grandi in cui si trasformeranno i ragazzi-target, sia quelli che incrociano il testo con gli occhi da adulti per la prima volta. Dimenticarsi di queste categorie è un errore che porta all’insulto per l’intelligenza del lettore — sia esso grande o piccino — e riduce gli scrittori alla categoria “mah, è SOLO per ragazzi!”.


Immagine di copertina: Joy VanBuhler287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND