Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2017.


Roberto è un undicenne normale: la mattina va a scuola e la notte fa sogni in cui fa sempre la figura del cretino. E odia “qualsiasi cosa abbia a che fare con la matematica.
– E perché?
– «Se due pasticceri in sei ore fanno 444 ciambelle, quanto tempo impiegano cinque pasticceri per farne 88?» — Tutte scemenze, continuò a brontolare Roberto”.
Il mago dei numeri, invece, è un vecchio signore, che adora la matematica e ha tutte le intenzioni di convertire anche Roberto. Partendo dal numero uno. Cosa c’è di più semplice di un uno? Notte dopo notte il mago dei numeri visiterà i sogni del bambino, dimostrandogli poco alla volta che i numeri non fanno paura: saltellano (elevare a potenza), fanno bum! (se sono fattoriali), sono irragionevoli (irrazionali) o normalissimi (naturali). Grazie alle regole della matematica, i numeri possono descrivere la realtà (problema del commesso viaggiatore) e la natura (la riproduzione dei conigli, ad esempio).
L’autore presenta la matematica come un gioco, a partire dalle parole che sceglie per descriverla. La serie di Fibonacci si trasforma in un insieme di numeri bonaccioni, i numeri triangolari in noci di cocco, gli oggetti topologici in ciambelle. Il lettore, assieme a Roberto, si trova a compilare un triangolo di Tartaglia come se fosse un simpatico passatempo enigmistico, piuttosto che una complessa disposizione geometrica dei coefficienti binominali. Grazie agli esempi concreti e scherzosi, ai giochi di parole e al crescente livello di difficoltà la matematica perde di notte in notte l’aura di inaccessibilità che la circonda. Roberto cambia notte dopo notte, sperimentando egli stesso cosa significa essere ossessionati dai numeri e dalle loro regole. La matematica diventa sempre meno misteriosa: “ah, disse il mago, ormai siamo al punto che non vuoi più solo giocare con i numeri? Che vuoi sapere cosa ci sta dietro, conoscere le regole del gioco? Il senso del tutto? In sostanza poni gli stessi interrogativi di un vero matematico”.
Mostrare la matematica è diverso da dimostrarla. Sono le prove che fanno un vero mago dei numeri, ecco perché Roberto è ammesso nella congrega dei maghi della matematica — l’inferno/paradiso dei numeri.
“Cosa vuol dire: nell’inferno/paradiso dei numeri? O è l’uno o è l’altro!”, la perplessità di Roberto coincide con quella del lettore, ma l’universo popolato dai grandi matematici del mondo (il protagonista incontra Archimede da Siracusa, Georg Cantor, Eulero, Fibonacci, Russell e molti altri studiosi) è popolato di ossessioni, di costanti ricerche, di bisogno di risposte, di frustrazioni e di grandi soddisfazioni quando le risposte arrivano. Enzensberger non confina i numeri nel loro paradiso/inferno: Roberto è pur sempre un ragazzino. Il che significa che ha una famiglia (che si preoccupa decisamente per i cambiamenti e le ossessioni del bambino). Il che significa anche che va a scuola (dove può dimostrare i suoi progressi). Gli adulti del mondo de Il mago dei numeri non sono cattivi, ma tendono a sottovalutare i più giovani: la mamma di Roberto scambia una nozione che lui ha appena appreso per confusione, l’insegnante di matematica propina esercizi per mettere gli studenti in difficoltà e mangiare in pace le sue ciambelle. Fanno eccezione solo i matematici: troppo presi dai numeri per accorgersi di quisquilie come l’età degli altri maghi dei numeri.
Dopo dodici notti, la matematica esce dal mondo dei sogni per entrare nel mondo reale. Roberto affronta con facilità gli esercizi del professor Mandibola e al lettore resta la voglia di scoprire quali altri trucchi ci siano nelle maniche dei maghi dei numeri della storia.


Immagine di copertina: Joy VanBuhler287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND