Costantemente alla ricerca. Porto con me la voglia di imparare

Tag: Antonio Tombolini Editore

Un uomo di fronte una vetrina di cappelli

Altre cose che ho scritto in giro

Come nasce un numero de Il Colophon? A volte come un incubo, un’ossessione, una ballata ascoltata una volta di troppo. Così, ospite da amici a Milano, ho ritrovato la bella canzone di Piero Ciampi che dà il titolo all’album Andare camminare lavorare e altri discorsi. L’ho ascoltata e riascoltata, come un mantra, una piccola mania, un ripetersi in un abisso, una voce che arrivava da lontano. – Michele Marziani, nel suo editoriale.

Anche per me questo numero de Il Colophon è nato così. Ascoltando e riascoltando alcune canzoni e altre parole. Oltre a quella di Piero Ciampi, ho riascoltato le canzoni dei Modena City Ramblers (cosa che non facevo da un po’). Per ricordare chi erano, che parole usavano e che parole avrei usato io.

Quando ho scritto le domande per Cisco avevo nelle orecchie le nostre canzoni (loro le avranno pure scritte, ma sono io che le ho consumate prima nel walkman, poi nel lettore CD fino ad impararne a memoria i testi). Perché Cisco (e Alberto e Giovanni) stanno tornando con un progetto che si chiama I Dinosauri. Alberto ne parla abbondantemente qui: http://www.cottica.net/2016/06/01/la-legge-del-folk-e-il-ritorno-dei-dinosauri/.

Una cosa che non c’è nell’intervista è quanto mi faccia strano pensare a quanto loro sono cambiati, a quanto io sono cambiata. Alcune cose che troverai sono: cosa significa essere dinosauri, perché serve continuare a raccontare, alcune sfaccettature dell’essere italiani, che ruolo ha il folk giurassico e perché la modernità funziona anche con I Dinosauri.

L’intervista integrale (e una meravigliosa foto in bianco e nero) la trovi qui: https://ilcolophon.it/i-dinosauri-un-ritorno-acustico-in-parole-e-musica-d62768caf4fd#.7dlezroj9.

I mondi della scrittura sono vasti e multiformi, variegati forse più di un continente: ogni scrittore che se ne va è la bandierina a mezz’asta in una delle Fortezze Bastiani che presidiamo il nulla letterario. Se ne vanno i poeti come Zeichen, i grandissimi del Novecento come Michel Butor, i “cannibali” mai pentiti come Tommaso Labranca. Passano attraverso l’età, la storia, lasciano un segno, dentro ai lettori, una virgola. – Sempre Michele Marziani nel suo editoriale

Ed è proprio perché Michele, come me, vede la scrittura come multiforma che ho potuto recensire Toccare le nuvole di Philippe Petite. Che non è uno scrittore, pur essendo un poeta. Per capire cosa intendo vi consiglio di leggere tutta la recensione qui: https://ilcolophon.it/toccare-le-nuvole-b15e63d9fab2#.o8su4rjn7.

Altre cose che mi hanno incuriosito dal momento della loro proposta: il pezzo su Fantozzi, quello su Montale e la poesia e il racconto di Giovanna Piazza.

Leggetene e condividetene!

Nothing is written in stone

Cose che ho scritto in giro

Nell’ultimo anno ho scritto alcune cose che non sono state pubblicate rilanciate qui.

All’inizio, pensavo di riportarte nel mio piccolo angolo di web ogni cosa in maniera un pochino più estesa (come ho fatto per il mio pezzo per i fumetti). Il fatto è che questa operazione sta bloccando tutto il resto: dopo che ho consegnato una cosa, diventa parte del passato. Il che, per il mio cervello, significa:

Quindi sono in quella fase in cui so che lo dovrei fare, ma procrastino, quindi mi sento in colpa, quindi blocco le cose nuove da scrivere, quindi il blog non viene aggiornato, quindi mi sento in colpa…

Insomma ti sei fatto/a un’idea.

Mentre lavoro al mio nuovo piano editoriale, aggiorno Linkedin e faccio altre cose rimaste nella TO-DO, ho pensato che per me, a questo punto, è meglio raccogliere tutto in unico post, concedermi un nuovo inizio e tornare a popolare questo piccolo angolo di web e almeno un feed RSS (ciao Marco :D!).

Il Colophon

Il Colophon è una rivista letteraria di Antonio Tombolini Editore (che fa un investimento, anche economico, per mantenere la pubblicazione). Nonostante sia disponibile solo online, è un bimestrale di tutto rispetto: abbiamo un fantastico direttore editoriale, uno staff tecnico, una serie di scrittori/contributori e tante idee.

Come scrittrice, mi piace molto perché mi permette di comporre cose più articolate e serie che – forse – qui non ci starebbero altrettanto bene. Michele, il direttore editoriale (nonché colui che decide gli argomenti per ogni numero), è molto disponibile e quando gli propongo qualcosa di strampalato, di solito, mi risponde “bene, dimostramelo!”. Qualche esempio? Il vino e la scrittura condividono processo artigianale molto simile, i fumetti sono letteratura e la creazione di uno spettacolo di burlesque è un atto profondamente letterario.

Come lettrice mi piace molto perché:

  • non si concentra solo sulle ultime uscite letterarie,
  • ci sono tante voci differenti,
  • non parla solo di libri, ma anche di editoria in generale, di scrittura, di case editrici.

Per loro ho letto anche un paio di libri intorno al tema delle isole. Un’isola di Giorgio Amendola (che è il secondo volume della sua autobiografia politica) e L’atlante delle isole remote di Judith Schalansky. Questo atlante è un progetto editoriale completo (l’autrice ha dichiarato in un’intervista che ha scelto pure la carta su cui sarebbe stato stampato) ed è una delle cose più strane che ho letto nel 2016. Raccoglie illustrazioni magnifiche, storie brevi, curiosità, dati cartografici e posizioni di cinquanta isole remote, non proprio inventate, ma quasi. Non proprio disabite, ma quasi. Non proprio interessanti di per sè, ma sì, interessanti. Non credo che sia pane per i denti di tutti, ma è un’opera assolutamente intrigante e posso dire onestamente di non aver mai letto nulla di simile.

GraphoMania

A proposito di recensioni, ho scritto un paio di cose per GraphoMania (il blog della casa editrice che ha pubblicato il mio racconto).

Il cinghiale che uccise Liberty Valance di Giordano Meacci è un libro che, di mio, non avrei mai letto. Finalista allo Strega, è uno scritto cerebrale, denso, difficile (la scrittura non gli argomenti trattati), uno di quei libri che richiede la tua completa, totale e instancabile attenzione. Insomma, non ho ancora capito se mi è piaciuto o meno, è diverso dalle mie letture abituali e non lo avrei scelto, però è innegabile che sia un libro che vale la pena di leggere. Forse io non sono il lettore giusto, ecco.

Con Bacchilega è stata tutta un’altra storia. L’autore romagnolo ha partorito Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati: un giallo avvincente, coinvolgente e convincente. Soprattutto, convincente. Sarà che mi ha ricordato un amico lughese (ciao Franco :D); sarà che ero stanca delle atmosfere americane o pseudo-americane predilette dal gruppo di lettura che frequento; sarà che non ho capito l’assassino fino alla fine (cosa più unica che rara), metteteci tutti questi sarà, ma l’ho trovato un libro bello, onesto e ben scritto (tanto che l’ho proposto come lettura anche al gruppo di lettura che ho fatto partire in settembre).

Altro

Queste sono le cose pubbliche. Dopodichè, continuo a leggere per Klondike (il che mi sta insegnando più cose sulla scrittura di quante ne potrei riassumere su questo post); a luglio/agosto ho collaborato con un’azienda trentina per la stesura dei testi del loro sito (e, per la prima volta, ho consegnato una guida di stile alla fine); ho cominciato a popolare il profilo @spaghetti_folks su Twitter (dopo aver dato una mano ad organizzare il raduno SOD16); sono stata in vacanza (l’Ecuador e la Sicilia mi hanno insegnato moltissimo); ho fatto la volontaria in canile per un po’; sono diventata un po’ più hippie rinunciando alla macchina; ho compiuto trent’anni; ho fatto nuove amicizie; ho visto amici partire; ho imparato nuove cose; continuo a fare parte di un GAS (in cui c’è un omino del GAS che porta lo yogurt e questo farà ridere Nicola, Cristian, Chiara e Riccardo); continuo a bere più caffè di quanto dovrei; continuo a cucinare con piacere; continuo a frequentare il mio vecchio (in tutti i sensi) gruppo di lettura organizzato dalla biblioteca di Trento e ne ho fondato uno nuovo per leggere delle cose diverse (l’obbiettivo è leggere cose belle. Sei di Trento e vuoi venire? Fammelo sapere!). Insomma, la vita va avanti e, forse, anche questo blog.

Su fumetti, città invisibili e riviste letterarie

Per il numero di aprile de Il Colophon, Michele Marziani ha proposto a me (e alla redazione) di riflettere sulle città invisibili: quei posti, magari pure reali, resi famosi da ricordi e celebrazioni letterarie (Michele, da brillante scrittore quale è, lo spiega molto bene nel suo editoriale, disponibile qui).

Per me, città invisibili uguale fumetti. Cosa c’è di più invisibile di una località completamente inventata, sebbene completamente visibile (o meglio illustrata)?

Sviluppare il mio punto di vista richiedeva un discorso più ampio (ossia una scusa per parlare di molti fumetti e autori che trovo interessanti), per cui ho parlato di Dylan Dog, di Vanna Vinci, di Zerocalcare e via dicendo. Il pezzo completo lo trovate qui: https://ilcolophon.it/le-citt%C3%A0-visibili-dei-fumetti-un-viaggio-tra-alcune-rappresentazioni-nel-mondo-dei-fumetti-di-erika-ba2ddd867bb2#.m4gkm41dp.

Secondo voi i fumetti (in senso lato) rientrano negli argomenti di interesse di una rivista letteraria?

Ps. Un paio di articoli sulle città invisibili che mi sono particolarmente piaciuti sono quello su Bolaño e quello su New York (la città che, nel mio immaginario, è stata più rappresentata in assoluto). Anche se, in questi giorni, torno spesso a questo sulla Sicilia, sarà l’idea delle vacanze?

 

 

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