Come si fa a scrivere un libro? Da dove si parte?

Queste non sono le domande a cui risponderò. Troppo semplice trovare le risposte. Alla prima domanda si può rispondere solo “mettendo una lettera dopo l’altra”, mentre alla seconda, beh, il punto di partenza è sempre un foglio bianco. A volte sembra che la pagina bianca causi più panico che altro, ma si parte sempre da lì – sia che si usino i bit sia che si usi l’inchiostro.

Molto più interessante, almeno secondo me, è capire quali sono gli strumenti che permettono al foglio bianco di trasformarsi in qualcosa di senso compiuto. Ti è mai capitato di leggere On writing di Stephen King? Se la risposta è no, recuperalo. Ti aspetto… Secondo me è uno dei più bei libri sul mestiere di scrivere che sia mai stato pubblicato, proprio perché permette di svelare la magia: non si tratta di magia, ma di artigianalità (oltre che di sangue e sudore). Risponde alla domanda a cui vorrei rispondere anch’io in questo mio piccolo post: come si passa dal foglio bianco alle lettere alle parole a qualcosa di senso compiuto?

Nel caso di Civic Hacking, il progetto su cui sto lavorando al momento, la cosa è piuttosto complicata. Sotto l’etichetta #CivicHackingIT ci sono (in ordine sparso): due autori, traduzioni, newsletter, revisioni, interviste/storie, tweet (pochi) e molto altro, quindi la prima cosa a cui mi aggrappo nella scrittura è…

Ordine

Sia io che il mio co-autore Matteo, siamo abbastanza casinari. Organizzati, ma disordinati. Non ho nessuna ricetta magica per questa specifica ancora di salvezza: solo per affrontare un progetto di questo tipo c’è bisogno di ordine e metodicità (che aumentano la produttività a quanto pare). Nessuna scorciatoia, nessun metodo, solo sapere cosa c’è da fare, quando, perché (e spolverare ossessivamente libri e ripiani :D).

L’ordine, come forse avrai capito, non è solo nel progetto, anzi. Si sta trasferendo a varie parti della mia esistenza (ad esempio, ho cominciato a leggere libri sulle pulizie, a vedere video su come tenere la casa in ordine e altre cose di questo genere). Il progetto è complicato, il resto meno: pulire il desktop del computer, svuotarne il cestino, eliminare dal mio feed gli account che non mi interessano sono cose minuscole che mi permettono di avere più spazio mentale per il resto. Togliere cose dalla lista degli arretrati mi fa sentire più produttiva e, sentendomi più produttiva, lavoro di più. Forse è solo frutto di auto-convinzione (e di sicuro non mi sono trasformata in una maniaca dell’ordine), ma, a volte, anche sciocchezze come tenere ordine nei progetti cambiano di molto il modo in cui li affronti.

Forse, però, l’ordine non è la prima cosa a cui mi aggrappo. Almeno non da solo. Diciamo che balla un valzer con il

Tempo

Non intendo solo la gestione del tempo (su cui ho qualche trucchetto). Prima di cominciare, non mi ero soffermata a pensare a quanti minuti servono per far progredire un progetto di questo tipo (ed è uno dei motivi per cui tweet ne facci(am)o pochi. Non ti voglio scoraggiare, ma se ti interessa scrivere un libro, far uscire una newsletter settimanale o tenere una pubblicazione su Medium che sia un minimo interessante, devi considerare questo: non sono alberi, sono foreste. Gli alberi, una volta piantato il seme, con un po’ di pazienza e di fortuna crescono. Le foreste no. Le foreste sono ecosistemi: ci sono cose nascoste, minacce esterne, equilibri. #CivicHackingIT è una foresta, ma non lo sapevo prima di addentrarmici.

Come tutte le foreste, anche lui ha bisogno di tempo per crescere, ma anche di cinghiali che si pappano i semi evitando che ci siano troppi alberi o un sottobosco in cui gli altri animali non possono vivere. I nostri cinghiali sono Trello, il metodo Agile e l’approccio kanban.

Trello è una bacheca virtuale che ti permette di organizzare visivamente le cose da fare (una specie di foglio di sughero virtuale con i post-it). Da solo, non fa molto di più. Abbinato al metodo Agile e al kanban, beh il discorso cambia di molto. Non starò a spiegare cosa sono nè la differenza tra i due (dato che non sono un’esperta nè dell’uno nè dell’altro), ti racconto come va un fine settimana tipo da quando abbiamo cominciato #CivicHackingIT.

Sabato: PAUSA. Di solito, facciamo le faccende (-amo io e Matteo, dato che entrambi viviamo sotto lo stesso tetto), la spesa al mercato dei contadini (sì, mi rendo conto che detta così sembra hipster da morire), una passeggiata in centro, passiamo in biblioteca, andiamo a fare colazione fuori, magari vediamo qualche amico (sempre troppo pochi), guardiamo un film, andiamo a cena fuori, andiamo a fare una gita fuori porta. Insomma, non accendiamo il computer (o almeno ci proviamo: a volte siamo presi tardi con la newsletter e ci tocca) e ci ricarichiamo.

 

Domenica: ITERATION. La prima cosa della settimana (la mia settimana civichackerante parte di domenica) è vedere cosa è stato fatto la settimana prima, sia da me che da Matteo. Facciamo una specie di riunione di fronte al Trello, partendo dalla colonna “Cose fatte” di ogni bacheca (ne abbiamo una per la scrittura, una per la revisione e una che si chiama “Civic hacking verso l’esterno” in cui c’è tutto il resto – sito, newsletter, traduzioni, post, etc.). A volte è piuttosto scoraggiante: ho fatto solo la newsletter o scritto solo un paio di pagine. Altre è decisamente più soddisfacente. In ogni caso, a me fa bene ripensare alla settimana: me ne sono accorta quando ho cominciato a fare il Bullet Journal. Al di là della soddisfazione di spuntare le cose dalla lista, mi dimostra che ho fatto qualcosa. Dopo le “cose fatte”, passiamo alle cose in corso. Queste sono sempre un tasto dolente: sono cose che, per un motivo o per l’altro, non sono state finite. Anche qui, capire perché le cose non sono concluse è frustrante, ma utile. Mi sono accorta, ad esempio, che spesso non mi accorgo che ciò che nella mia testa è un unica cosa da fare, nella realtà sono una miriade di micro-cose e che non finivo la cosa grande perché avevo sbagliato a definirla. Comunque, sbagliando si impara. Dopo aver discusso della settimana passata, passiamo a quella successiva. Qui cerchiamo di essere piuttosto elastici: se c’è una newsletter particolarmente complicata o una revisione lunga, se devo leggere cose da recensire per altri progetti o se, semplicemente, è una di quelle settimane in cui passa l’idraulico, il corriere e l’elettricista, cerco di non mettere troppe cose nella “To do”.

L’idea è di riuscire a completare ciò che mi prefisso, non firmare la ricetta per il fallimento.

La “To do” si popola grazie ad un’altra colonna, il backlog, in cui mettiamo tutto quello che c’è da fare, in ordine abbastanza casuale. L’analizzare questa colonna ci permette di non dimenticare nulla, ma anche di dare priorità alle cose sospese (tipo: la newsletter di questa settimana è decisamente più urgente di quella della prossima settimana). Ci facilita anche nel non restare senza cose da fare. Per quanto mi riguarda, è un’arma a doppio taglio: è vero che non dimentico nessun’idea che mi viene, ma è anche vero che essere messa di fronte alla lista infinita delle cose che non ho ancora fatto qualche volta mi scoraggia (il che è vero anche per le cose fisiche. Ad esempio, se siamo stati bravissimi e abbiamo scritto cinquanta pagine in una settimana, stamparle tutte insieme è il modo migliore per assicurarsi che io ci metta mille giorni a revisionarle).

Dopodiché, cominciamo a fare cose, fino alla domenica successiva.

Questo circolo di ripetizioni, controllo, assestamento può sembrare un’enorme perdita di tempo. Non lo è.

Una cosa che mi ha aiutata molto in passato, ma che in questo progetto non riesce a trovare il suo posto è la tecnica del Pomodoro. I cicli di venticinque minuti sono diventati frustranti, le pause un’agonia, quindi perché insistere se non è più uno strumento utile?

Chissenefrega

Piccolo avvertimento: il chissenefrega non riguarda il progetto. Riguarda me, il mio modo di affrontarlo, con spensierata serietà.

Se da una parte, io e Matteo abbiamo una chat su Telegram specifica per #CivicHackingIT, dall’altra la trattiamo come una discarica di idee: ci vanno a fine cose serie (link, commenti, pensieri), ma anche un sacco di cazzate.

Esempi di messaggi davvero passati sulla nostra chat?

Matteo Brunati, [17.01.18 13:19]
evvai #social https://twitter.com/fpietrosanti/status/953595656228212736

A cui la mia risposta è stata una gif di un Groot ballerino.

Erika, [18.08.17 12:08]
#nl #video Hacking democracy ti piace come idea? Qui il trailer http://www.hackingdemocracy.com

Nel caso non fosse chiaro, stavamo discutendo di questo numero della newsletter e questo era uno dei contenuti che volevo citare.

Insomma, c’è di tutto: organizzazione, cose da fare, spunti, celebrazioni, momenti di sciocchezza acuta. Serve? Oltre ad avere uno spazio per ridere, ci permette di avere un blocco degli appunti, uno spazio dove confrontarci velocemente, un posto dove celebrare il nostro lavoro. Il tutto in modalità semi-asicrona. Una discarica di idee, per l’appunto: butti lì e chissenefrega (detto questo, usiamo dei tag e, se nella chat finiscono cose da fare, idee o altri spunti utili, li trascriviamo sempre nel Trello, quindi chissenefrega sì, ma fino ad un certo punto).

Un altro enorme chissenefrega è dedicato ai libri. Ti dirò un segreto di pulcinella: per scrivere un libro devi leggerne molti altri. Sempre sul mio atteggiamento, il chissenefrega non è per la lettura, ma per il far entrare carta nuova nelle nostre già ricolme librerie. Quindi, chissenefrega il cartaceo (non posso nemmeno pensare a quanto mi si spezzerà il cuore quando il mio adorato ebookreader deciderà di abbandonarmi). Chissenefrega l’acquisto (di quanto io ami le biblioteche ne ho già parlato qui; inoltre, un’occhiata su Google Books spesso mi salva dal comprare libri noiosi o inutili). Chissenefrega la biblioteca fisica (la mia biblioteca comunale ha aderito a MediaLibraryOnLine quindi, spesso e volentieri, mi segno le cose che devo leggere e le scarico da lì).

Ovviamente questa è solo una piccola parte di ciò che serve per portare avanti questo progetto (un’altra piccola parte la metterò in un altro post più avanti). Comunque, è un punto di partenza, una pila con cui affrontare la foresta. Non un machete, una pila: rende le cose meno spaventose, ma se ti capita una bestia feroce davanti non è che ti salvi la vita ;).