Pubblicato originariamente su Il Colophon il 6 agosto 2017.


Maribel è quel tipo di ragazza messicana che si può definire solo bellissima. Nonostante i suoi quindici anni, fa girare la testa a molti degli uomini con cui entra in contatto, peccato per quel piccolo problema al cervello: dopo una brutta caduta da una scala a pioli — di cui sia la madre Alma che il padre Arturo si ritengono responsabili — Maribel subisce un danno cerebrale. Resta bellissima, ma diversa. La famiglia Rivera decide che il Delaware è la soluzione al problema: lì c’è una scuola che permetterà a Maribel di tornare quella di sempre e di ricevere un’educazione adeguata alle sue esigenze. Aiutare la figlia, significa rinunciare a tutto: la propria casa, i propri risparmi, la propria terra, perfino l’intimità di coppia. Se in Messico i Rivera erano delle persone felici e di moderato successo, quando arrivano negli Stati Uniti si devono scontrare con la realtà: i film, le riviste e le promesse sono — perlopiù — solo volantini pubblicitari. Il lavoro è precario (e piuttosto schifoso), la scuola non accetta Maribel, la lingua è difficile da imparare, la casa in cui si sono trasferiti una topaia. Nonostante i Rivera siano immigrati regolari, sono sempre trattati come delinquenti.
Quando Mayor (vicino di casa panamense) incontra Maribel non sa nulla dell’incidente, dei problemi e delle difficoltà di Maribel: vede solo una bellissima coetanea. Spinto dall’amicizia tra sua madre e Alma, Mayor comincia a frequentare la protagonista, fino ad innamorarsene.
Anche noi l’America è un romanzo a cui si possono attribuire molti aggettivi: delicato (come solo certe storie d’amore adolescenziale sanno essere), disperato (come sa essere solo un padre che perde il lavoro umiliante che permette a lui e alla sua famiglia di essere immigrati regolari), sfaccettato (come gli abitanti del palazzo in cui si trovano a vivere Maribel e la sua famiglia, tutti latini, tutti provenienti da paesi diversi). Gli si possono attribuire anche molti altri aggettivi: politico, sociale, tenero, spietato. Nessuno di questi però descrive a pieno la scrittura della Henríquez o questo romanzo corale. Attraverso la meravigliosa traduzione di Roberto Serrai, il lettore è trasportato in una fantastica narrazione di storie ordinarie di migrazione, ma, soprattutto, storie di vita ordinaria.
Mayor, Alma e tutti gli abitanti latini del loro condominio non sono materiale da prima pagina: fanno vite normali, hanno ambizioni comuni (come possedere un automobile), affrontano difficoltà comuni a molti altri esseri umani. Eppure il lettore si trova ad affezionarsi, a fare il tifo, a sperare che tutto vada bene per loro. Sebbene aleggi per gran parte del romanzo un senso di disfatta inevitabile, il lettore spera fino alla fine di sbagliarsi, spera che per questi personaggi il sogno americano sia concreto e raggiungibile, spera che gli Stati Uniti diventino nei confronti di questi personaggi la grande terra che proclamano di essere.
“Noi siamo gli americani invisibili, quelli che a nessuno importa nemmeno di conoscere perché gli hanno detto di avere paura di noi e perché forse, se facessero lo sforzo di conoscerci, si renderebbero conto che non siamo poi così cattivi, e forse addirittura che siamo molto simili a loro. E chi odierebbero, allora?”.
Più che personaggi, Cristina Henríquez sceglie di porci di fronte a delle persone, simili al padre immigrato a cui l’autrice ha dedicato il romanzo. Persone complesse, fastidiose, stanche, felici, sconfitte, forti. Variegate, come le storie di tutti gli americani sconosciuti che abitano gli Stati Uniti. Oltre ad essere il titolo originale del romanzo, The unknown americans è anche un progetto su Tumblr, curato dall’autrice, che raccoglie moltissime storie di americani immigrati — non solo dal sud America. Come questo romanzo, una vetrina per tutte le storie normali e ordinarie, di successo o meno, che nessuno sceglie di raccontare.
L’unica che non ha una voce è proprio Maribel: straniera comunque. Strana comunque. Diversa comunque.


Immagine di copertina: Joy VanBuhler287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND