Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2016.


In questo libro del 2013, l’autrice raccoglie le storie di cinquanta isole, sparse tra i vari oceani, ma, soprattutto remote. Nonostante il titolo, questo volume non è solo una raccolta di illustrazioni di isole, ma anche una collezione di racconti brevi, come specifica anche l’autrice in questa intervista per minima&moralia. Per ogni mappa, c’è una storia, una leggenda, una riflessione. Ogni porzione di terra, infatti, è presentata in due pagine: quella di destra racconta “visivamente” il luogo tramite l’illustrazione/mappa; quella di sinistra narra “con le parole” (in alto troviamo una serie di dati tecnici comprensibili e il corpo del testo con la storia che la Schalansky ha scelto per quell’isola).
L’autrice, classe 1980, è cresciuta a Berlino est sognando luoghi in cui non le era permesso viaggiare: l’illustrazione cartografica diventa, quindi, un modo per “conquistare mondi lontani nel soggiorno” dei suoi genitori. Schalansky diffida dei planisferi politici: i confini, le influenze cambiano, sono arbitrarie. “Le carte geografiche sono astratte e allo stesso tempo concrete, e nonostante pretendano di essere oggettive, non offrono una riproduzione della realtà, bensì una sua ardita interpretazione”.
Malgrado ciò, nel ‘suo’ atlante, la Schalansky ci ricorda che queste isole sono sempre appendici di nazioni lontane: ci sono isole francesi, isole statunitensi, isole norvegesi, isole australiane e tutte si trovano a migliaia di chilometri dalla ‘madre patria’. Tanto che non vengono nemmeno rappresentate nelle cartine nazionali: la Francia, ad esempio, oltre alla forma che conosciamo, dovrebbe includere anche Saint Paul (3010 km dall’Antartide), l’Isola del Possesso (2370 km dal Madagascar), Amsterdam (4290 km dal Sudafrica), Tromelin (550km dalle Mauritius) e Clipperton (108 km dal Messico). Come si possono inserire posti così distanti in una rappresentazione delle regioni francesi? Non si può, così tra i 55 e i 75 cittadini vengono ‘dimenticati’: lontani dagli occhi, lontani dal cuore. In tutte queste appendici distanti, anche gli abitanti sono solo una rappresentazione: gli isolani possono essere animali selvatici oppure abitatori (residenti temporanei). Solo quelle più popolose possono fregiarsi di abitanti stabili. Nel loro essere remote, queste isole sono al contempo paradisi e inferni: luoghi dove ninfe nude escono dai flutti e luoghi dove vengono commessi regolarmente infanticidi. La lontananza, però, riguarda solo la terra ferma. I Rapa Nui, gli abitanti dell’Isola di Pasqua, la chiamano ombelico del mondo: “sull’infinita Terra sferica, ogni punto può diventare il centro”.
La creatrice di questo libro, al contrario degli scopritori delle isole — spesso pirati o naufraghi — è attenta ad ogni dettaglio: l’Atlante delle isole remote è un progetto, innanzitutto, legato al design, per cui le illustrazioni, in scala 1: 25.000, sono meravigliose e dettagliate. Anche il peso della carta e le scelte cromatiche hanno un loro peso specifico all’interno dell’opera (come racconta l’autrice stessa in questa intervista). L’autrice considera tutta l’esperienza del lettore, anche la sua interazione con l’oggetto fisico. Il libro, nella sua completezza, è un’espressione artistica, oltre che un’opera narrativa. I suoi due cuori, parole e immagini, sono così legati da rendere impossibile decretare cosa sia nato prima, se le mappe o le storie.
L’autrice ci accompagna in questo viaggio fantastico e fantasioso (dato che il sottotitolo ci ricorda che l’oggetto del libro sono “cinquanta isole dove non sono mai stata e mai andrò”) raccontando senza idealizzare nulla, trovando una voce per ogni isola. A volte è una voce letteraria (ad esempio catene montuose intitolate a Jules Verne), a volte è una voce legata al ricordo (come le varie Isole della Delusione), a volte sono voci sociologiche (legate ad usanze locali). Quante cose diverse si possono fare in un posto talmente remoto da trovarsi a centinaia — se non migliaia — chilometri di distanza da tutto? La risposta è almeno cinquanta: la Schalansky ci insegna che ogni lembo di terra è una (di molte) storie uniche e originali.


Immagine di copertina: Joy VanBuhler287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND