Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2018.


Romanzo o autobiografia?
Questa sembra essere la domanda principale attorno a questo libro pubblicato nel 2009 dai tipi di Neri Pozza. Il protagonista è Lindsay detto Lin, un latitante australiano che fin dalle prime pagine dichiara che la sua “è una lunga storia, con tanti personaggi. Sono stato un rivoluzionario che ha soffocato i propri ideali nell’eroina, un filosofo che ha smarrito l’integrità nel crimine, un poeta che ha perso l’anima in un carcere di massima sicurezza. Scappando di galera — ho scavalcato il muro principale, fra due torrette di guardia armate di mitragliatrici — sono diventato l’uomo più ricercato del mio paese. La buona sorte mi ha tenuto compagnia per mezzo mondo, e mi ha seguito fino in India. Sono entrato nella mafia di Bombay, ho fatto il trafficante d’armi, il contrabbandiere, il falsario. Mi hanno messo in catene in tre continenti, mi hanno preso a botte, bastonato, privato del cibo. Sono andato in guerra. Sono fuggito sotto il fuoco nemico. E sono sopravvissuto, mentre altri intorno a me morivano. Uomini quasi sempre migliori di me. […] Ma la mia storia non parte da quegli uomini, né dalla mafia: inizia dal primo giorno a Bombay. Il destino ha calato la mia carta in quella città. La fortuna ha distribuito le carte che mi hanno portato a Karla Saaranen. E io ho cominciato a giocarla, quella mano, fin dal primo momento in cui ho guardato i suoi occhi verdi. Insomma, questa storia inizia come tante altre: una donna, una città e un pizzico di fortuna”. La storia di Lin è tutta qui: fugge, commette dei crimini, cerca di redimersi, commette degli altri crimini, si innamora, incontra delle persone — alcune migliori di altre, fa amicizia. In parole povere, vive. Un romanzo quindi.
Lindsay, però, è anche uno pseudonimo dell’autore australiano che, a dirla tutta, è stato in un carcere di massima sicurezza e ne è evaso. Autobiografia? Non è dato sapere se le vicende di Lin siano le vicende di Roberts, ma l’autore è furbo: pesca dalla propria vita e ne inserisce elementi piuttosto significativi in quello che, a tutti gli effetti, è un romanzo, aumentando la confusione anche grazie ad una narrazione in prima persona singolare.
Poniamo il caso che Shantaram sia solo un romanzo, oppure che sia un’autobiografia — per quanto romanzata, concentrarsi su questo punto è un buon modo di perdere il punto di questo libro. In entrambi i casi, è irrilevante che Lin sia Roberts: non è quello su cui l’autore vuole che il lettore si concentri. La ruolo centrale di questa storia, infatti, non è affidato a Lin (per quanto lui sia l’unica voce narrante): questo romanzo non riguarda Lin, ma il suo abitare in diverse zone di confine. Lin (e ogni personaggio secondario che lo attornia) si muove tra diversi poli opposti: legale-illegale, buon uomo-criminale, povero-ricco. Dobbiamo fare i conti con un personaggio dualistico che narra di sé come di un novello semidio, ma che viene costantemente ridimensionato dalla scelte che fa e dalle situazioni in cui si infila. Da una parte è un eroe senza macchia e senza paura, dall’altra è un criminale privo di scrupoli. Da una parte è uno straniero bianco, dall’altra vive in un slum e parla perfettamente uno dei dialetti locali. Da una parte cura gratuitamente centinaia di persone, dall’altra Lin è uno dei luogotenenti del capo della criminalità locale. Grazie a Lin, né eroe né antieroe, il lettore si muove in una Mumbay quasi sotterranea, invisibile e palese al tempo stesso.
L’espediente letterario di pescare dalla propria biografia permette a Roberts di insinuare il dubbio nel lettore: questo personaggio straordinario è vero o finto? Molte vicende raccontate in questo libro, però, sono difficili — se non impossibili — da verificare, quindi il lettore, un po’ incerto, non può ottenere mai una risposta chiara. Quindi ci troviamo di fronte ad un romanzo o ad un’autobiografia? La risposta è molto semplice: romanzo, come giustamente viene sottolineato in copertina. Scritto da un autore molto furbo o molto bravo, a seconda di come la si vede.


Immagine di copertina: Joy VanBuhler287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND