Ovvero civic hacking for dummies 🙂 .
La mia esperienza con l’Open Data è veramente limitata: ci “frequentiamo” da un po’ (attraverso gli occhi vigili di Matteo Brunati e attraverso le varie cose in cui sono stata trascinata ho deciso di accompagnarlo), ma fino a fine Aprile non avevo ancora ben chiaro che utilità potesse avere per la mia esistenza.
Innanzitutto urge un passo indietro. CIVIC che?
Questo la spiegazione più chiara che ho trovato:
Persone che risolvono problemi per altre persone
Ed ecco il video in cui l’ho trovata.
Se la mascella non si è ancora staccata dal viso, tra Open Data e civic hacking, vado ad esplicare il legame che sembra molto complicato, ma in realtà non lo è.
Ci sono due rami le Pubbliche Amministrazioni e i cittadini. Le prime sono, per legge, obbligate a rilasciare alcuni dati (che noi abbiamo già pagato con le tasse): Open Data. Come cittadini/e possiamo (e, secondo me, dobbiamo) usare questi dati per verificare cosa succede alla cosa pubblica: civic hacking.
Al Festival del giornalismo di Perugia, grazie alle sale strapiene, sono capitata all’#Acquathon: una maratona in cui persone diversissime – informatici, giornalisti, biologi, filosofi e chi più ne ha più ne metta – hanno deciso di controllare lo stato del rilascio dei dati riguardanti le analisi delle acque in Italia. Ognuno di noi si è beccato delle regioni (a me personalmente sono toccate Basilicata, Campania e Calabria) e ha cercato i dati relativi alla qualità dell’acqua nei capoluoghi delle suddette regioni.
Superato il mio momento Asterix e la burocrazia (i dati sono pubblici, ma a volte spersi in directory che manco con il lanternino e l’aiuto della fata turchina si riescono a trovare, oppure in “comodissimi” formati immagine), l’esperienza è stata davvero unica. In otto siamo riusciti a dare vita ad una mappa navigabile, in cui sono visualizzati i dati relativi ai nitrati che abbiamo raccolto. Un lavoro titanico per una persona sola, ma fattibile per otto.
La cosa veramente straordinaria che mi è successa grazie all’Acquathon è stata di trovare, finalmente, un senso a tutta questa passione diffusa per l’Open Data (o, perlomeno, diffusa tra le persone che ho conosciuto negli ultimi due anni). Non si tratta di ciò che ci interessa – al momento, è improbabile che mi trasferisca in Basilicata o in Calabria, per cui forse mi sarebbe interessato di più capire cosa succede nel posto dove vivo. I dati aperti, rilasciati in un formato “potabile” (computabile in modo automatico, riutilizzabile e riusabile), permettono di fare i cittadini e controllare con mano quello che succede, per dirne una, all’insieme delle tasse che versiamo o lo stato dell’acqua potabile in Italia.
Un’altra “strana” ricaduta è la creatività . Grazie al fatto che sono a disposizione, posso usare i dati per fare, ad esempio, app con mappe in cui sono segnalati i percorsi più sicuri a Milano per i ciclisti.
Insomma si mettono le mani in pasta e, forse, qualcosa si riesce a cambiare.
Dopo due settimane
Sono ancora alla ricerca dei dati per Campania e Calabria. Ho contattato sia l’Arpa delle due regioni e i comuni capoluoghi per avere delle informazioni, ma per ora ancora nessuna risposta. Staremo a vedere 😉 .